7955.  (Letteratura italiana - Parodia - Illustrati)
GADDA Carlo Emilio
Il primo libro delle favole. Venticinque disegni di Mirko Vucetich
Milano, il Saggiatore di Alberto Mondadori Editore, 1969.

Euro 50,00

In-8° (20,5 x 13,6 cm), pp. 114, (2), legatura editoriale con sovraccoperta illustrata da disegno di Alberto Longoni. Lievissimi segni del tempo alla sovraccoperta, in particolare leggerissima ingiallitura nel bordo superiore e nella parte che ricopre il dorso del volume. Con venticinque disegni, in bianco e nero, nel testo, di Mirko Vucetich. Piccoli, lievissimi segni d'umido ai tagli di testa e davanti e, rari e quasi impercettibili, nel bordo esterno di poche pagine, molto lontano dal testo. Al recto della prima e al verso dell'ultima carta di guardia, nella parte interna non a contatto con le alette della sovraccoperta, leggerissimo alone color beige, di perfetta forma rettangolare, che si sviluppa in senso verticale rispetto alla pagina, della larghezza di 3,3 cm per 19,6 cm di altezza circa, probabilmente determinato, nel tempo, dalla reazione al contatto con le controguardie, fissate, in sede editoriale, con materiale adesivo ai contropiatti. Per il resto, esemplare fresco, molto ben conservato. Nella collana "Scritture". Seconda edizione in volume, la prima era apparsa nel 1952 per Neri Pozza. Dalle alette (nota di Cesare Garboli): "A una fase fiorentina, intermedia tra quella milanese dell'Adalgisa o della Cognizione, e quella romana del Pasticciaccio, risalgono le favole di Gadda: «ciò è picciole fave o vero minimissime favuzze o faville d'un foco sopr'a duo rocchietti stento e d'una manata di stipa, codeste nugae ove non è Francia né Spagna, né coturno tragico né penziere eccelso di filosafo». Scritte nel '39 «e di poi vi stetti insino a presso mezzo giugno il quaranta» e pubblicate in sparsi gruppi su un almanacco e due riviste del tempo («Il Tesoretto», «Campo di Marte» e «Corrente»), furono riunite in volume da Neri Pozza nel '52, accresciute da una Nota bibliografica che è piuttosto un racconto, un rivestimento grottesco, una suite di fragorosa comicità nel gusto di Gadda quando egli è in vena di parodiare la sintassi e l'ornato dell'antica lingua italiana, mentre in realtà sta beffandosi delle stupide cose moderne. Esiste accanto al Gadda grande «realista comico» e formidabile narratore manierista anche un Gadda forse minore, frammentarista, funambolo, toscaneggiante con la solita irriverenza ma anche allietato d'insolita luce naturale: un inchiostro quasi magico, ricco di sorprese e imprevisti fantastici, tra il proverbio e la meraviglia delle cose. Un inchiostro rimasto candido sotto lo spessore lussuoso dei giochi («Le parole sacre, vedute le labbra dell'autore, ne rifuggono. le cose sacre, veduto il cuore dell'autore, vi si fermano.») È questo, sempre stretto al realismo, insensibile ai falsi valori «poetici», sempre di penna feroce, il Gadda poeta delle favole, che convive coi suoi odi, le sue rabbie compresse, i suoi delirii d'ipocondriaco, col Gadda di lega goliardica, o d'esasperata ispirazione satirica".